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Quali sono i maggiori trend digital del 2022?

Quali sono le tendenze nella comunicazione digitale che potrebbero essere protagoniste nel 2022? Delle “novità” solo in parte, degli evergreen che possono aiutare sempre a trovare fidelizzare il proprio pubblico.

Semplificare l’esperienza delle persone (UX)

Rendere l’esperienza del cliente più semplice, quale che sia il prodotto o servizio che vendiamo ai clienti, dovrebbe essere una priorità; è infatti necessario per acquisire nuovi clienti e trattenere le persone che già lo sono, non per inerzia ma perché apprezzano quello che facciamo.

Da quando gli smartphone sono un oggetto indispensabile per quasi tutte le generazioni di consumatori – da almeno una decina d’anni – è poi necessario progettare la user experience con l’approccio mobile first, cioè pensando prima ai telefoni: perché sono il primo dispositivo dal quale si naviga su internet, si fanno acquisti e si guardano o ascoltano contenuti in streaming.

Soprattutto per gli e-commerce, una categoria per la quale è semplice individuare una conversione finale – l’acquisto! – è fondamentale che l’esperienza, dal vagare per la piattaforma alla ricerca di un’idea a riempire il carrello, sia il più possibile intuitiva e senza troppe frizioni. Andrà quindi posta l’attenzione su:

  • l’interfaccia grafica, essenziale ma completa;
  • il processo di primo accesso o registrazione, che deve sì essere frictionless ma deve anche chiedere alla persona tutti i dati dei quali abbiamo bisogno, per i nostri scopi;
  • le funzionalità che permettono l’acquisto o altre azioni simili (mettere un oggetto nel carrello o in una lista dei desideri), affinché siano ben evidenti;
  • la “leggerezza” del sito: una pagina che si carica in pochi millisecondi è ormai un’aspettativa di base, e anche un paio di secondi di ritardo potrebbero significare un cliente o un prospect perso;
  • i meccanisimi di abbonamento, per rendere gli acquisti periodici completamente automatici. Non solo con prodotti digitali, come musica, film o serie TV e software, per cui questa è la routine da almeno un decennio: la subscription economy vale anche per i prodotti fisici, come ci insegna per esempio, Amazon.

Un esempio virtuoso di tutto ciò possiamo trovarlo nel progetto di uno fra i più noti produttori di chitarre al mondo, Fender.

 

Fender Play

Fender Play è un’app con la quale si può imparare a suonare la chitarra: la piattaforma dà accesso a corsi tenuti da musicisti professionisti, adatti anche a chi non abbia mai imbracciato uno strumento prima.

La landing page si presenta così:

  • in alto c’è la la value proposition: “Your guitar goal stars here”, sullo sfondo di una persona che suona uno dei modelli più iconici del brand americano (quale non lo è?);
  • una CTA classica ma difficilmente resistibile, che ci offre una settimana di prova gratuita;
  • una serie di altri elementi che mirano a farci sentire subito parte di una comunità, come il numero di ore spese dagli studenti a studiare alle loro testimonianze.

In questo modo, si trasforma un “banale” abbonamento a un’app nell’ingresso a un club esclusivo, del quale fa parte gente con i nostri stessi interessi. Una membership.

Sfruttare il 3D e la realtà aumentata

Anche nel mondo del 3D (reale e virtuale) e della realtà aumentata, non siamo più in una fase prototipale: la tecnologia è già pronta per offrire alle persone esperienze interattive più che soddisfacenti, e non parliamo solo delle interfacce grafiche.

Chi lavora nell’abbigliamento, ad esempio, potrebbe strutturare il proprio sito o la propria app in modo che possa interagire dal vivo con il negozio fisico: se inquadro un capo con lo smartphone, o se mi avvicino a uno schermo con una webcam, posso scoprirne da me dettagli come prezzo, colori, disponibilità dei prodotti, oppure posso direttamente provarli. Come fanno Sephora, Dior o Tissot.

Anche al di fuori del retail le potenzialità della VR sono tante: quanto sarebbe interessante passeggiare per le strade della Pompei ancora in piedi? 

Puntare sui video

Il video è tra i formati che, se progettati con cura, garantiscono un tasso di coinvolgimento e interazioni maggiore della media e non solo perché premiati dall’algoritmo dei social network.

Quello che ci attira di un video, infatti, è il fatto che la realtà si svolga sotto i nostri occhi – anche se registrata. Ecco allora che presentare un prodotto in video con l’unboxing, o raccontare un brand in modo ironico con la challenge di un influencer su TikTok, possono fare la differenza tra un buon prodotto che vende bene e un buon prodotto che non vende abbastanza.

Quello che cerchiamo in un video, però, è anche altro: contenuti informativi ed educativi facili da fruire e soprattutto utili praticamente. Tutorial, infografiche che rendano pop l’esperienza di apprendimento; formati anche lunghi (i longform giornalistici, ad esempio) che non siano solo un blocco di testo ma che vengano integrati da piccole esperienze interattive, micrositi tematici all’interno del proprio dominio. 

In breve, sfruttare le potenzialità del digitale senza limitarsi a riproporre a compartimenti stagni i contenuti dei “vecchi media”: video, testi e immagini non interattivi.

Creare contenuti che vorremmo trovare

Quanto spesso ci capita di non soffermatci su un contenuto perché non ci attira o ci respinge, ma quando tocca a noi realizzarlo commettiamo gli stessi errori che abbiamo notato nel lavoro degli altri? 

Un modo per uscire da questo circolo vizioso esiste ed è meno banale di quanto non possa sembrare: progettare con cura i contenuti e scegliere uno schema, una guida che poco alla volta si assorbe e diventa spontanea. Come spesso accade, Google semplifica la vita di chi produce contenuti e propone la formula EAT: Expertise (competenza), Authoritativeness (autorevolezza), Trustworthiness (affidabilità).

Nel dettaglio, EAT rappresenta il sistema con cui Google giudita la qualità dei contenuti e l’indicazione affinché chi li produce rispetti nel modo migliore le intenzioni di ricerca delle persone. In breve, pagine e contenuti devono essere utili

Cosa si intende esattamente con “utile”?

  • Chi crea il contenuto deve avere un’esperienza e una competenza specifica per poterne parlare, esperienza che deve collimare con lo scopo del contenuto, come spiega bene SEOZoom;
  • da ciò deriva (o dovrebbe derivare) l’autorevolezza, che passa soprattutto per i riconoscimenti dall’esterno, come la quantità dei link e delle menzioni;
  • strettamente collegata è quindi l’affidabilità, che tiene in considerazione soprattutto la qualità dei riconoscimenti esterni.

EAT, quindi, rappresenta un percorso complesso che dà risultati nel lungo periodo, proprio come il lavoro di SEO: costruire un’identità ben definita e diventare un punto di riferimento con il lavoro quotidiano, scrivendo contenuti di qualità e aggiornando periodicamente quelli già scritti, commentandoli e rendendoli attuali sulla base del tempo che è trascorso.

Verso il metaverso

Potremmo parlare del metaverso come la forma compiuta della realtà virtuale e aumentata, dove tuttavia il mondo che conosciamo non viene semplicemente integrato dalle architetture digitali ma sostituito da un suo omologo su internet, completamente autonomo. Una Second Life un po’ più matura. Quale che sia la definizione più adatta, è probabile che il metaverso si svilupperà e resterà, come lo hanno fatto i social media e tutti i mezzi di comunicazione che abbiamo conosciuto in passato. Come comportarsi, allora, per sfruttare con giudizio quest’opportunità?

Studiarla, in primo luogo, capire se e come potrebbe essere davvero utile al proprio business e non fare l’errore di considerarla una novità bizzarra o senza senso. Porsi delle domande, come ad esempio:

  1. il mio target è o potrebbe essere interessato al metaverso?
  2. Come potrei adattare o integrare in maniera naturale la mia attività commerciale in quest’universo parallelo?

Un brand come Fender, ad esempio, potrebbe ricreare un ambiente virtuale nel quale far incontrare musicisti e aspiranti tali, raccontare la sua storia, ricreare “dal vivo” concerti di celebri chitarristi Fender del passato o permettere ai clienti di fingersi tali, come in un gioco di ruolo in live action.

Al pari del metavarso, argomenti come l’arte digitale, gli NFT o le criptovalute potrebbero sembrare ridicoli a chi non se ne appassiona o non ne coglie le opportunità commerciali, allo stesso modo in cui 15 anni fa Facebook poteva sembrare solo un gioco senza alcun impatto sulla vita quotidiana. Eppure, oggi, l’età media di chi usa Facebook non è poi così bassa…

syncronika

 
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